Alessandro Boschero Cl 3° A
Ricerca di Tecnologia A.S, 2013/2014
KiteGen
Il
KiteGen è un progetto per la produzione di energia elettrica sfruttando
i venti d'alta quota. Il progetto prevede due filoni principali
di sviluppo: il KiteGen Stem ed il KiteGen Carousel .
In quest'ultimo caso, proprio il diverso orientamento dell'asse di
rotazione dovrebbe eliminare tutti i problemi statici e dinamici che
impediscono l'aumento della potenza (cioè delle dimensioni) ottenibile
dagli aerogeneratori tradizionale.
-Dati sul Vento
Esistono due nastri di vento che avvolgono la terra, uno passa sopra la Terra del Fuoco nell'emisfero
australe e l'altro passa sopra l'Europa. L'altezza del nastro europeo
va da circa 500 metri fino a 10.000 metri di altitudine mentre la
larghezza è di 4 000 o 5 000 km. I dati salienti sono
una potenza media di 2 kW al metro quadrato e un numero di ore annuali pari a circa 7000 (un anno ha 8760 ore).
Il
vento di alta quota ha quindi la caratteristica di essere quasi sempre
presente ed è molto forte (15 m/s ovvero 2 kW/m
),
mentre quello a livello del terreno è forte solo in pochi siti e per
circa 1700-1800 ore all'anno (ore che rappresentano il rapporto kWh prodotto in un anno rispetto alla potenza dell'aerogeneratore).Il vento che si pensa di sfruttare è quello che spira fra 800 metri e 1500 metri di quota con velocità medie di 7 m/s e potenza specifica di 200 W/m
. Per esempio una sezione di vento larga 1000 metri e con una altitudine tra i 1000 metri e i 1200 metri ha
una potenza pari a quella di una media centrale nucleare (gigawatt). Un
kitegen i cui profili alari spazzolino tale sezione di vento è quindi
alternativo ad una centrale termoelettrica o nucleare di medie
dimensioni.
Il
concetto è semplice e geniale: utilizzare l’enorme potenziale
energetico dei venti di alta quota a circa 1.000 m, tramite “aquiloni”
garantendo una valida alternativa alle enormi odierne pale eoliche che
arrivano soltanto fino a 100 m e il cui impatto ambientale è oggetto di
diverse controversie.
KiteGen è
l'ultima evoluzione per lo sfruttamento del vento. Si tratta di nu
concetto radicalmente nuovo e innovativo che potrebbe essere la
soluzione più pratica ed efficace del mondo.
Supercondensatori,
nuovi cavi, nuovi profili alari, sensori e tecniche di controllo sono
fra le tecnologie più importanti applicate al KiteGen:
- Il KiteGen non
sarebbe concepibile senza la disponibilità di cavi in polimeri
che sono più leggeri (circa la densità dell’acqua)
dei cavi in acciaio e circa dieci volte più resistenti a parità di
sezione; questi cavi trovano sempre maggiori applicazioni, così come è
avvenuto per la fibra di carbonio nella realizzazioni delle parti
strutturali dei velivoli, ma anche nel settore del trasporto
terrestre. Comunque i limiti di impiego di questi cavi devono
essere studiati ed esplorati, soprattutto per quanto concerne le
adeguate protezioni e limiti di impiego riguardo all’usura.
- Il controllo è
indubbiamente la parte più importante, più difficile e più ambiziosa
del progetto, soprattutto nella fase riguardante il decollo del kite,
perché in questa fase il kite ha una corsa limitata nello spazio,
inoltre la sua velocità è minima o nulla. Ci si trova nella
stessa situazione di chi va in bicicletta, dove l’equilibrio in
partenza è precario e difficile da controllare. Il comando del kite
viene effettuato principalmente azionando i cavi in modo differenziale,
ma si prevede comunque di potenziare le manovre, soprattutto a bassa
velocità, con due turbinette alle estremità dell’aquilone che
forniscono un momento imbardante (che può essere assimilato alla
funzione del piano verticale di coda degli aerei, che però è efficiente
alle alte velocità. In effetti per migliorare la manovrabilità degli
aerei di recente ci sono proposte per orientare la spinta del getto,
con ugelli mobili). Il “motore” del controllo è lo stesso generatore,
la cui azione deve essere modulata adeguatamente, sia come controllo
passivo (aumentando o diminuendo il carico) sia come controllo attivo
agendo in modo differenziale sui cavi. Il controllo con estrema
precisione e rapidità effettuata con motori molto potenti, nell’ordine
delle centinaia di kW, sono operazioni particolarmente impegnative dal
punto di vista tecnologico.
- Fino a pochi
anni fa la capacità dei condensatori difficilmente arrivava al Farad,
mentre oggi sono già in commercio, a prezzi accessibili, condensatori
con una capacità di oltre il migliaio di Farad. L’incredibile aumento
di capacità consente di concepire il supercondensatore come buffer di
energia, con diversi scopi nell’ambito del progetto KiteGen: per
livellare l’erogazione dell’energia alla rete in quanto il KiteGen Stem
singolo funziona alternativamente, con una fase attiva e una più breve
passiva; e per fornire appunto l’energia necessaria al riavvolgimento
dei cavi nella fase passiva. Fuori dall’ambito del KiteGen la
tecnologia dei supercondensatori ha trovato applicazione come sistema
di assistenza e recupero energetico e nel concetto di K-Bus a ricarica
veloce (biberonaggio) L’elettonica di potenza per gestire l’uscita dei
generatori ad alta frequenza con operazioni di raddrizzamento e
successivamente di conversione in alternata adeguata alla rete è un
ulteriore importante impegno tecnologico.
-Il Kite,
l’aquilone, la vela, o il profilo alare fin’ora utilizzati per i
test sono stati reperiti sul mercato, che li produce per attività
sportive e già anche per applicazioni industriali come SkySail. Sono
realizzati con tessuti sintetici ad alta resistenza. Il loro rapporto
portanza/resistenza non è molto alto: non si riesce ancora ad arrivare
a un valore di 10, mentre gli alianti, che utilizzano ali rigide,
presentano efficienze fino a 50. Una maggiore efficienza consente, a
parità di potenza erogata, di ridurre la superficie del kite, quindi di
migliorare la controllabilità del kite e di ridurre la sua sensibilità
alle raffiche. L’ala rigida però non consente la manovra di scivolata
d’ala o di messa in bandiera, per potere riportare l’aquilone a bassa
quota e ricominciare il ciclo di produzione. La soluzione che ora viene
studiata è l’ala bimodale, rigida in corda per ottenere un’alta
efficienza, e flessibile in apertura per permettere le manovre di
recupero. L’ala bimodale (con sezioni o cassonetti in carbonio uniti da
elastomeri) è in fase di progetto, e un adeguato supporto esterno
da parte di laboratori con gallerie del vento sarebbe benvenuto.
- Come per gli
aerei anche per il progetto KiteGen c’è la necessità di monitorare
istantaneamente gli assetti (angoli e posizioni) le velocità e le
accelerazioni. Nel caso del kite però non ci si può servire delle
costose e pesanti piattaforme inerziali (i giroscopi) comunemente usate
per gli aeromobili, ma ci si deve servire di sensori leggeri, poco
ingombranti e con basso assorbimento di potenza elettrica. Attualmente
questa sensoristica, cosiddetta strap down, è costituita da
accelerometri, girometri e magnetometri. I loro segnali devono essere
opportunamente combinati con sosfisticate tecniche matematiche, che in
parte erano già presenti nel sensore SeTAC precedentemente sviluppato.
-KiteGen Alternativo