Studio dei vulcani
Per la loro grandiosità di manifestazione, erano oggetto di
studio fin dall'antichità. Platone ammetteva l'esistenza di un fiume
sotterraneo di fuoco, il Piroflegetonte, che nel vulcano trovava uno sfogo. Seneca
indicava quale causa di eruzioni e terremoti, la penetrazione dell'acqua nel
sottosuolo, quando l'acqua raggiungeva la materia incandescente, liberava
vapore a forte tensione. Nel 79 d.C., Plinio il Giovane descrive l'eruzione del
Vesuvio che seppellì Pompei, Ercolano e Stabia in cui perse la vita lo zio Plinio
il Vecchio. Ma la vera scienza che studia i vulcani, la vulcanologia, nasce
solo nel XVII secolo, quando i naturalisti si interessarono alle eruzioni del
Vesuvio (1631) e dell'Etna (1669).
La scienza ottiene progressi decisivi con gli studi di Spallanzani e quindi nel XIX secolo, con l'aiuto della petrografia. L'origine dei vulcani viene spiegata con varie teorie, di cui due importanti e opposte fra loro:
la teoria dei crateri di sollevamento di De Buch
la teoria dell'accumulazione esterna di Scrope e Spallanzani
Nella teoria di De Buch, i vulcani sarebbero originati dal magma che solleverebbe gli strati esterni della terra formando dei coni, che poi si romperebbero in alto formando i crateri. Nella seconda teoria, i vulcani sarebbero dovuti ad accumulo di materiale solido emessi o proiettati dal condotto vulcanico.
Il calore che viene prodotto all'interno esercita una pressione uniforme su tutta la crosta, e dove è più sottile cederebbe, facendo fuoriuscire il magma, causando la nascita dei vulcani.